Fa sorridere, questo Real Madrid. Perché? Perchè ha vinto la sua quattordicesima Coppa dei Campioni (sì, avete letto bene, quattordicesima) in un modo non proprio allineato alla filosofia della Casa Blanca che vuole merletti, ricami, lustrini e paillettes. E invece, nella finalissima di Parigi, spostata da San Pietroburgo per via del conflitto russo-ucraino e preceduto da gravi problemi di ordine pubblico testimoniati quasi in diretta da alcuni video girati nei social, il Madrid vive quasi una fotocopia dei turni precedenti. In una parola, sofferenza. 

Il Real, pur schierando alta qualità e si affidi alle illuminanti intuizioni di un pallone d'oro come Modric, per vincere la sua ennesima Coppa dei Campioni ha scalato quasi un Everest. PSG, Chelsea campione in carica, Manchester City e poi il Liverpool di Klopp in finale. E ha sempre camminato sull'orlo del burrone: sarebbe stato eliminato dai francesi, ed è passato. Doveva andare a Stamford Bridge a recuperare un 2-3 casalingo, e a un quarto d'ora dalla fine della semifinale era estromesso da Guardiola. E invece, come l'Araba Fenice, è sempre risorto.

Anche questa sera, almeno per un'ora, è stato solo Liverpool. Il palo di Mané, la sensazione che i Reds potessero segnare da un momento all'altro, il brivido del gol di Benzema annullato come unico sussulto spagnolo nella prima frazione. Poi, nella ripresa, Arnold si dorme beatamente Vinicius e il classe 2000, acquistato per 45 milioni nel 2018 dal Flamengo, mette il suo nome in calce sull'albo d'oro della competizione. Il Real post Ronaldo ha capito che, con qualche differenza, può comunque finalmente camminare sulle sue gambe. Con un Curtois straordinario.

Che curiosi parallelismi: questa sera, piuttosto che una finale, si poteva fare un triangolare. Liverpool, Real e Milan: le tre squadre che hanno scritto la storia della manifestazione. Ecco, italiani e spagnoli hanno vinto allo stesso modo, ciascuno nelle sue arene. Gruppo, intensità, sofferenza, alchimia, concetto di squadra. Che per due club abituati ad illuminare i decenni a colpi di classe, è quantomeno un paradosso. Ma il calcio è anche questo. Ancelotti fa bottino pieno: accoppiata Liga-Champions, vincente nei principali cinque campionati, vincente da allenatore per quattro volte in Coppa dei Campioni, come nessun altro era mai riuscito a fare. E ormai lontano il ricordo di Istanbul 2005: gli inglesi, poi, Ancelotti li ha battuti due volte in altre due finali. 

Il Liverpool, domani, rientra in città. E farà la parata sul pullman scoperto, per festeggiare le due coppe nazionali vinte contro il Chelsea ai rigori e una stagione in cui ha perso soltanto 4 partite ufficiali su 63 disputate. E' giusto allora festeggiare. Non può essere il mancato raggiungimento della settima Coppa dei Campioni a zittire “You'll never walk alone”.

 

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