Intervistare una leggenda del mondo del calcio come John O’Shea, non è di certo un qualcosa che capita tutti i giorni. Il Pallone Gonfiato è riuscito nell’intento, realizzando un’interessante intervista a 360 gradi all’ex leggenda di Manchester United e Nazionale Irlandese, ora vice allenatore del Reading e assistant manager della Nazionale Irlandese Under 21. La carriera di O’Shea è stata coronata da tantissimi successi: un palmares ricco, che conta tra gli svariati trofei conquistati tra i quali ben cinque Premier League, una Champions League e un Mondiale per Club. Un calciatore immenso, eccellente a livello tecnico/tattico, fisico e in grado di interpretare più ruoli all’interno del campo. Un difensore unico che è stato un tassello importante e irrinunciabile per tecnici come Sir Alex Feguson e Giovanni Trapattoni. O’Shea conta con la Nazionale Irlandese ben 118 presenze e tre reti, che fanno di lui il terzo calciatore con più presenze nell’Irlanda. 

Intervista di Francesco Rossi, traduzione a cura di Manuela Spinelli (interprete ufficiale di Giovanni Trapattoni 2008-2014) e di Liam Francis Boyle (professore di lingua inglese Università degli Studi di Perugia).

 

La brillante carriera tra le fila del Manchester United e della Nazionale Irlandese

 

Lei ha avuto una brillante carriera, grandi partite, eccellenti performance dove ha siglato goal importanti. Ci racconti della sua carriera calciatore. Quali sono i suoi ricordi migliori sia a livello di club che di nazionale?

Mi ritengo fortunato, ho dei bei ricordi. Ho giocato e segnato in alcune partite molto importanti: con il Manchester United ho realizzato il gol della vittoria contro il Liverpool nell’anno in cui abbiamo vinto il campionato. Poi ci sono le partite con la nazionale irlandese: ricordo il gol del pareggio nei minuti finali del match contro la Germania campione del mondo, durante la mia centesima presenza in nazionale. Sono ricordi molto speciali, così come il gol contro l’Arsenal nell’andata della semi-finale di Champions League all’Old Trafford nel 2008. Raggiungemmo il massimo: ho fatto parte della rosa che ha vinto la Champions a Mosca ed ero titolare contro il Barcellona nella finale di Roma nel 2008/09. Purtroppo non abbiamo vinto quella sera, ma è stata una bella esperienza.

 

Che significato ha per lei aver giocato in un club importante come il Manchester United? Cosa ne pensa dello United attuale e del lavoro svolto dal suo ex compagno di squadra Ole Gunnar Solskjaer? 

É stato un bel momento nella mia carriera calcistica: entrare a far parte del Manchester United a 17 anni e rimanerci fino ai 30 è stata un’esperienza incredibile. Praticamente 9 anni in prima squadra, vincendo 5 volte la Premier League, la FA Cup e la League Cup per poi giungere al successo in Europa, vincere la Champions League e la Coppa del Mondo dei Club. Ricordi meravigliosi ed esperienze fantastiche, agli ordini di un tecnico incredibile come Sir Alex e giocatori di grande valore. Un’esperienza indimenticabile che conserverò per sempre. Si deve lavorare sodo per rimanere nel Manchester United ed è una cosa di cui vado molto fiero. Ole Gunnar Solskjaer, mio vecchio compagno di squadra ha fatto un ottimo lavoro nelle ultime due stagioni, ha restituito un’identità alla società; ci sono dei giocatori promettenti che stanno crescendo nel settore giovanile della società e credo che grazie a Ole Gunnar il club vivrà una crescita costante. 

O'Shea

 

Lei è stato uno dei migliori difensori della storia del Manchester United e durante la sua carriera si è distinto pure in tanti altri ruoli in caso di necessità. Quali sono stati i calciatori più duri da affrontare in carriera? Nella stagione 06/07 subentrò a Van Der Saar durante Tottenham-Manchester United, portando a casa un clean sheet. Cosa ricorda di quella prestazione tra i pali? 

I giocatori più difficili che mi sono trovato ad affrontare con il Manchester United? In allenamento mi sono trovato davanti giocatori fantastici come Giggs, Cristiano Ronaldo, Rooney, Nani, Tevez, Ruud van Nistelrooy e quando ero più giovane Andy Cole. Confrontarti con giocatori di questo calibro è stata una bella sfida. Per quanto concerne gli avversari delle squadre rivali con le quali ci contendevamo il titolo - ai tempi Arsenal e Chelsea – posso citare Aguero e Drogba: avversari difficili. Giocatori come Henry all’Arsenal, Dennis Bergkamp, Robben e Duff quando giocavano sulle fasce per il Chelsea. La Premier League ha presentato grandi sfide, non solo per i giocatori delle grandi squadre ma anche per i tanti calciatori di qualità che partecipano al campionato nelle altre compagini. 

Quella volta che ho sostituito Edwin in porta contro il Tottenham a White Hart Lane è stata una bella esperienza. Pensa, stavamo vincendo, credo fossimo 4 a 0. Ho potuto far affidamento sulla mia esperienza nel calcio gaelico che praticavo da ragazzino, in Irlanda. Per fortuna sono riuscito a conquistare la palla nell’uno contro uno contro il mio compagno Robbie Keane, quando, credo Rio Ferdinand, ha passato la palla indietro. Fortunatamente sono riuscito a tenere la porta inviolata. Si può dire che in Premier League la mia sia stata una prestazione da record. 

 

Lei ha vissuto in primis l’ingiustizia relativa al colpo di mano di Henry durante il playoff per il Mondiale di Sud Africa 2010, Francia-Irlanda. Quali sono i ricordi relativi a quella partita? Dopo quell’ingiustizia, è stato introdotto il VAR per evitare che certi episodi si ripetano; cosa ne pensa dell’utilizzo in campo della tecnologia?

Mi ero infortunato durante Francia-Irlanda, credo l’infortunio peggiore della mia carriera. Non ho potuto giocare per tre o quattro mesi, cosa già difficile di per sé. È stata sicuramente una serata pesante: abbiamo poi visto tutti quanto fosse evidente il fallo di mano. Verdetto difficile da accettare, sia sul momento che dopo. Avevamo giocato veramente bene quella sera. Ti aspetti sempre che l’arbitro e gli assistenti non facciano quel tipo di errori, le cose non sono andate così e abbiamo dovuto voltare pagina, ma ce n’è voluto di tempo! Abbiamo chiaramente perso l’opportunità di partecipare a un Mondiale. 

Purtroppo, non ne ho mai avuto la possibilità durante la mia carriera. Sì, ho avuto buoni successi a livello di club e ho partecipato agli Europei con l’Irlanda, ma rappresentare il tuo paese in uno dei tornei più importanti è quello a cui si aspira quando si gioca in nazionale. 

Il VAR avrebbe potuto cambiare le cose quella sera. Era chiaro che si trattava di fallo di mano, sarebbe stato calcio di punizione per noi e avremmo avuto l’opportunità di vincere quella partita. Non facile da digerire.

Per quanto riguarda il VAR, penso che le cose miglioreranno; ci vuole tempo affinché tutti in Premier League si adeguino e l’interpretazione delle prove video deve ancora migliorare. Il compito degli arbitri in sala video è quello di assistere i direttori di gara in campo, poiché errori di interpretazione e decisioni arbitrali errate, continuano a non essere sanzionati. Speriamo che le cose migliorino, con il tempo il VAR servirà a perfezionare l’interpretazione del gioco. 

 

Sta intraprendendo la carriera di allenatore dopo un glorioso passato da calciatore. Ci dica della sua attuale avventura nel Reading e Irlanda Under 21 come vice tecnico: su quali fondamenti si baserà la filosofia di gioco/allenamento del John O’Shea allenatore? 

Allenare il Reading e l’Irlanda Under 21 è l’inizio di un nuovo capitolo nella mia carriera. Aspiro un giorno a diventare CT o primo allenatore. Ad oggi, le esperienze fatte sono state molto interessanti e ho imparato da gente valida. Impari anche ad adattarti e assicurarti che i giocatori apprendano il più possibile, non solo in allenamento ma anche durante le riunioni dedicate all’analisi video e che assimilino quello che cerchi di metter in atto, le idee che cerchi di comunicargli. A volte, dicono di aver capito, ma quando gli chiedi di dimostrartelo in campo li vedi un po’ confusi; devi assicurarti che le idee che vuoi comunicare ai ragazzi siano ben chiare e che loro le capiscano per poi riproporle in campo e in partita. Si impara continuamente per assicurarsi che i calciatori assimilino le istruzioni il più velocemente possibile. Quando le hanno assimilate i risultati, saranno evidenti anche in campo. 

Per quanto riguarda la mia filosofia del gioco, secondo me non si tratta solo di esercitare possesso di palla durante la partita, bensì di far capire agli avversari che si trovano davanti una squadra difficile da affrontare sia per intensità di gioco che qualità; devi spingere gli avversari a difendersi. Cerco di mettere in campo una squadra che eserciti pressione sugli avversari nella loro metà campo, ma è anche vero che ogni avversario è diverso e presenta vari punti deboli e punti forti che possono crearti problemi. Si tratta di trovare l’equilibrio giusto, di giocare il più possibile in attacco ma di avere anche un buono schema difensivo, non solo da parte di difensori e portiere ma anche da centrocampisti e attaccanti. Si attacca insieme e si difende insieme, questo fa la squadra. Questi sono i miei principi chiave. 

O'Shea

 

Durante la sua carriera, lei ha avuto come allenatori due leggende del calcio come Sir Alex Feguson e Giovanni Trapattoni. Cosa pensa di questi due tecnici: com’è stata l’esperienza con loro e cosa ha imparato da questi due allenatori? 

Sir Alex e Giovanni Trapattoni sono due tecnici eccezionali con cui ho lavorato per molto tempo al Manchester United e con l’Irlanda. Innanzitutto, due persone straordinarie! Se hanno avuto successo nella loro carriera è perché sono due persone fantastiche a livello personale oltre che come allenatori; sanno capire le persone e sanno trarre il meglio dai ragazzi a livello individuale per creare poi un gruppo di successo. Questo è qualcosa che ho veramente imparato da loro, cioè che per avere una squadra di successo bisogna saper cogliere il meglio da ciascun individuo e saper costruire il gruppo sulla base delle qualità individuali. Quello che conta è trovare l’equilibrio in una squadra, capire i vari elementi che la compongono; dall’esterno si ha sempre un’opinione su chi debba giocare in un sistema o nell’altro, ma è proprio l’equilibrio della squadra che porta alla vittoria. Questo è quello che si impara dopo aver lavorato con due allenatori come loro: sfruttare le migliori qualità di ogni giocatore e trovare l’equilibrio giusto per la squadra a disposizione. 

 

O'Shea ricorda la sua esperienza nello United con Cristiano Ronaldo

 

Lei ha giocato con il cinque volte Pallone d’Oro Cristiano Ronaldo nel Manchester United. Cosa ne pensa di questo straordinario campione sia dal punto di vista umano che professionale? 

Avere Cristiano Ronaldo come compagno di squadra è stata un’esperienza incredibile. Ho giocato contro di lui nella prima partita che ha disputato contro il Manchester United, quando militava nello Sporting Lisbona. Ha firmato per I Red Devils dopo quella partita. La sua è una carriera straordinaria e giocare ancora a quei livelli con la Juventus e Manchester United è impressionante; sta dimostrando tuttora il suo impegno e desiderio di essere uno dei migliori giocatori al mondo. Il fatto che stia ancora battendo i record di gol segnati ti dice tutto quello che devi sapere su Cristiano. È estremamente scrupoloso e motivato; ma è anche un giocatore che ha sempre avuto fame di successo ed è stato bello vederlo in spogliatoio da giocatore, con quella voglia di imparare e di essere il migliore al mondo. Ronaldo e Messi sono giocatori straordinari e lo sono da dieci, dodici anni. È stato bello giocare con lui e condividere con lui il successo negli anni.  

O'Shea e Cristiano Ronaldo

 

Si è incrociato con Lionel Messi in due finali di Champions League e anche con la Nazionale Irlandese. Detto da un difensore di grandissima caratura come lei, qual è il modo giusto per limitare a livello tattico un giocatore difficile da marcare come l’argentino? 

Messi? Avendolo affrontato nella finale di Champions League e poi in una partita con l’Irlanda, posso dirti che è difficile fermarlo perché ha un baricentro basso. È anche molto forte fisicamente, nonostante sia un giocatore minuto e la sua tempistica, il suo tocco sono straordinari. Per fermarlo è meglio farlo marcare da più di un giocatore, ma a volte questo significa dare più spazio ai suoi compagni di squadra. Si tratta quindi di trovare l’equilibrio giusto. Il miglior modo per bloccare Messi è mettendogli addosso uno o due giocatori che lo stoppano il più velocemente possibile, ma come sappiamo, a volte non importa quanti giocatori abbia intorno, lui ha questa capacità di superarli, segnare e farti male. È stato bello giocare contro di lui perché è considerato uno dei migliori, se non il miglior giocatore al mondo. 

O'Shea e Messi

 

Grazie per essere stato con noi e buona fortuna per i tuoi progetti John!

Grazie a voi per l'intervista!

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