In ritardo in campionato, eliminati dalla Coppa Uefa per mano dell'Espanol. L'autunno del 1987 non sorride al nuovo Milan targato Berlusconi: il presidente, subentrato nel 1986, ha portato a Milanello, tra gli altri, Gullit, Van Basten e Ancelotti, e soprattutto il “signor nessuno”, Arrigo Sacchi. Che fatica in quei primi mesi a mettere in testa ai suoi una nuova filosofia di gioco. Lo spogliatoio mugugna, ma il presidente rossonero non fa mancare il suo appoggio all'allenatore romagnolo.

Il 25 ottobre 1987 il Milan scende in campo a Verona. E vince grazie alla testa di Virdis, che oggi delizia i commensali con la sua enoteca in via Piero della Francesca a Milano da buon appassionato di vini. “Finalmente ho visto la squadra che voglio”, dichiara Sacchi a fine partita. Mentre Chiampan, il presidente dei gialloblu che due anni prima avevano vinto lo scudetto, dà la colpa a un veggente: “Sapevamo già che avremmo perso: prima di ogni partita abbiamo un mago che ci dice in anticipo i risultati del Verona”. E quella settimana il veggente aveva detto, 1-0 Milan. Ma soprattutto Berlusconi aveva chiarito le cose ai suoi: “Sacchi resta, voi non lo so”. Messaggio ricevuto.

Curiosamente, l'arbitro di quel pomeriggio era Rosario Lo Bello. Proprio lui, che col Milan sembra avere il destino intrecciato: il 1° maggio 1988, una volta sbocciata la primavera, i rossoneri quel campionato lo vincono a Napoli con lui arbitro. E molto fu merito di quel pomeriggio al “Bentegodi”, una vittoria decisiva che sbloccò il Milan nella corsa al titolo. Il 22 aprile 1990 però il figlio di Concetto è al centro della bufera: tre espulsi (Rijkaard, Costacurta e Van Basten), cacciato anche Sacchi e Milan sconfitto 2-1 che da l'addio al titolo. “Bisogna saper perdere”, dice Galliani. “Dobbiamo pensare alla Coppa Italia e alla Juventus”, aggiunge. Ma tre giorni dopo nel nuovo San Siro con il terzo anello, pronto per i Mondiali, Galia firma un'altra beffa dando la coppa ai bianconeri. Il Milan si rifarà con gli interessi il 23 maggio, vincendo la Coppa dei Campioni a Vienna contro il Benfica.

Nella storia del Milan il Verona si era affacciato anche nel 1979: era un altro 22 aprile, e una vittoria decisiva per 2-1 a San Siro contro i gialloblu, che segnano con l'ex di turno Calloni prima della rimonta milanista firmata da Rivera, all'ultimo gol della sua vita rossonera, e da Novellino a sei minuti dalla fine, lancia la squadra di Liedholm verso lo scudetto della stella. Tanto agognato e cercato da Nereo Rocco, che proprio a Verona, tanto per gradire, lo aveva perso nel 1973 in una rocambolesca domenica che vide il Milan cadere per 5-3 con Zigoni grande protagonista tra le fila gialloblu e il titolo prendere la direzione di Torino, sponda Juve. 

Per chiudere, un salto decisamente in avanti: ancora aprile, questa volta il 28, dell'anno 2002. Lo stadio intitolato a Marcantonio Bentegodi, benefattore dello sport veronese nell'800, è un altro crocevia della storia milanista. Come finisce? 2-1 naturalmente, punteggio firmato da Inzaghi e Pirlo, arrivati a Milanello l'estate precedente, dopo il vantaggio gialloblu di Mutu. Per il Milan di Ancelotti, che aveva sostituito Terim in novembre, è la zampata decisiva verso la qualificazione alla Champions League ottenuta il week-end seguente (5 maggio, vi dice nulla?) e che porterà alla vittoriosa finale di Manchester un anno dopo. Dolori, certo, ma molte gioie e momenti cruciali nella città di Romeo e Giulietta per il Milan: anche domenica sera alle 20.45 una bella fetta di scudetto passerà di là. 

 

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