Così cantava Renato Rascel: arrivederci Roma, nel senso della finale di Coppa Italia. Il prossimo 11 maggio all'Olimpico ci sarà l'Inter a giocarsi il trofeo, e quella ciliegina sulla torta che il buon Milan di questo biennio insegue da tempo, è ancora da cogliere. A meno che, il 22 maggio, non arrivi lo scudetto numero 19: il Milan visto in campo con l'Inter in questa semifinale, nonostante lo 0-3, può far ben sperare. 

Sì, avete letto bene: lasciati all'Inter i primi 20-25 minuti, in cui i rossoneri hanno dovuto reggere l'urto avversario, gli uomini di Pioli sono poi usciti con coraggio, tecnica e velocità, le armi che parevano finite nel dimenticatoio da tempo, a ben guardare le ultime uscite di campionato. Il Milan ha staccato il pilota automatico e ha ripreso in mano la cloche: le incursioni, seppur ancora un po' raffazzonate di Hernandez, i guizzi di Leao, la vitalità e la tenacia di Benaccer e Tonali, due uomini fondamentali nello scacchiere rossonero. Due dei pochi che non sono caduti nella trappola della discontinuità che ha colpito troppi milanisti: hanno reso bene tutta la stagione o quasi, e quando sono stati assenti si è avvertita alquanto la loro mancanza.

Il Milan sperava in un remake del 2003: il gol doppio in trasferta che lo avrebbe qualificato, come accadde nella semifinale di Champions League di quell'anno. E invece il gol di Lautaro dopo tre minuti ha azzoppato subito metà delle speranze, con l'argentino che ha messo in soffitta il suo periodo no per ritrovarsi cavallo pazzo (anzi, “toro”) al servizio di Inzaghi. Per la verità, con la collaborazione del sempre venerato Tomori, che sul traversone dalla destra si è lasciato andare a un piccolo sonnellino.

Lo spartiacque del derby è stato forse il gol annullato a Bennacer, visto e rivisto al Var da Mariani (curiosamente stesso arbitro della partita di andata): un rospo da ingoiare per Pioli, che a fine partita ai microfoni di Mediaset denuncia la non protesta di Handanovic come prova lampante dell'irregolarità della faccenda, e lasciando stizzito, come non è mai nel suo stile, la postazione. Eppure Pioli avrebbe di che sorridere: se il Milan avesse giocato anche contro Torino, Bologna e ci mettiamo pure il Genoa, nonostante i tre punti, come ha giocato stasera almeno per un'ora, avrebbe avuto un po' meno patemi e soprattutto il muso ancora davanti in classifica.

Si è detto e ridetto che chi perdeva questo derby ne avrebbe avuto il contraccolpo psicologico: resta sempre straordinario come alcuni addetti ai lavori sappiano prima cose ancora mai verificatesi. Se sarà così, lo vedremo sul campo in questo rush finale di campionato, dato che non abbiamo la palla di vetro. Che servano avversari di prima classe ai rossoneri per fare i bravi scolaretti? L'Olimpico il Milan lo vedrà domenica, contro la Lazio di Sarri, vittima sacrificale degli uomini di Pioli, che l'hanno già bastonata con un 6-0 complessivo tra campionato e Coppa Italia. Ma stavolta sarà un'altra storia, come lo fu questa semifinale di andata contro l'Inter lo scorso primo marzo: brutta, insipida, senza reti. Si fosse giocato il ritorno quasi subito, forse non avremmo visto un'Inter così ritrovata nel morale e nello spirito, come chi ne ha a cuore le sorti si augurava dopo lo scalpo di Torino. Insomma, in un calcio isterico e povero di qualità, la trama di fine stagione si infittisce. E noi restiamo lì, a sbirciare su cosa accadrà e come andrà a finire. E se un derby di Coppa val bene solo una finale e non un'intera stagione.

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