Salernitana, Venezia ed Empoli in A, un allenatore che non aveva mai vinto nulla, una squadra esclusa dalle favorite della vigilia. Ci sono tutti gli ingredienti perché questo scudetto numero 19 del Milan, a undici anni dall'ultima volta, somigli molto a quello della stagione 1998-99. Reduce da un biennio che aveva certificato la fine di un grande ciclo, nell'estate del 1998 si parte da Alberto Zaccheroni, miracoloso stratega dell'Udinese prima arrivata in A e poi approdata in Europa. Lo sconosciuto argentino Guglieminpietro diventa fornitore di cross di Bierhoff, capocannoniere del campionato precedente, la vecchia guardia (Maldini, Albertini) mette il suo timbro, si affacciano i giovani (Ambrosini) e Boban in punta di fioretto trascina da trequartista i suoi allo scudetto.

Oggi ci sono i giovani, c'è una vecchia guardia che più che altro sono esperti combattenti internazionali di lungo corso (Giroud, Ibrahimovic), c'è un allenatore che non aveva mai vinto niente ma che ha lavorato magistralmente su questo gruppo che, nella maggior parte dei suoi componenti, incassa la prima medaglia della carriera. Quando Sacchi arrivò a Milanello, disse ai suoi: “Io sarò il signor nessuno, ma anche voi non è che avete vinto molto…”. Aveva ragione. Tanto per dire che quel Milan non nacque grande, ma lo diventò. La prima parte è riuscita anche a questo Milan, per la grandezza, ripassare tra qualche anno. La parola “miracolo” però lasciamola nel cassetto: il Milan ha collezionato più di 200 punti negli ultimi tre anni, e ha ragione Maldini nello specificare che la festa del 22 maggio 2022 dopo il 3-0 al Sassuolo è iniziata in realtà molto tempo prima, nell'estate del 2019.

Sarebbe bello che i rossoneri facessero da apripista per un calcio più sostenibile: la voce stipendi sempre fuori misura, i debiti rifinanziati invece che estinti. E invece Elliott, che aveva preso un Milan gravato da più di 250 milioni di euro di perdite, porterà il club a chiudere il bilancio di giugno con una perdita di circa 50 milioni. Dopo aver immesso circa 760 milioni nelle casse milaniste, il valore della società ora è cresciuto arrivando a più di un miliardo. E per quella grandezza di cui sopra, occorre attendere, e ci vorranno solo pochi giorni, se ci sarà uno scossone al timone dei rossoneri. Questo scudetto, ottenuto con la forza del gruppo ma senza sottovalutare la qualità (Maignan, Leao, Theo Hernandez, Tonali) ha bisogno di non risultare un episodio isolato. Ecco perché se sarà Redbird a prendere in mano il Milan, i tifosi si attendono che inizi a tornare la vera argenteria dalle parti di Milanello. Gruppo, quantità, volontà, ma soprattutto qualità, appunto, soprattutto per cercare di tornare competitivi in Europa.

Il Milan di Zaccheroni durò lo spazio di quello scudetto e al massimo dell'anno successivo: nell'estate 1999, dopo il titolo, fu acquistato Shevchenko, fuoriclasse della Dinamo Kiev per 41 miliardi, uno che ebbe già un impatto da veterano in maglia rossonera, caricandosi spesso la squadra sulle spalle. Ma che ebbe bisogno di avere anche altri attori protagonisti intorno: nella stagione 2002-03, che fu un po' la prima di un nuovo ciclo del Milan, Sheva segnò pochissimo e in copertina andarono Inzaghi, Nesta, Pirlo e via dicendo. Altri nomi, altri tempi. I milanisti sperano che stavolta non ci si fermi qua. Di certo il vanto più grande è aver fatto capire che quando ci sono pochi soldi, ovvero quasi sempre nel calcio italiano degli ultimi dieci o quindici anni, devono esserci le idee. Quello che un vecchio amico di Sacchi disse al romagnolo che iniziava in quel periodo ad allenare: “Soldi non ce ne sono, il libero costruiscitelo da solo con il lavoro”, gli disse porgendogli una maglia numero 6. Pioli ha costruito il suo capolavoro (e non miracolo) con il lavoro. Charles Leclerc, alla Ferrari, aveva bisogno di una macchina, per mettere a frutto il suo talento. Ecco, provate nel tempo a dare una Ferrari a Pioli. Se ce l'ha fatta con una utilitaria, pensate un po' cosa potrebbe saltar fuori.

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