Se Massimo Zanetti accettasse le avances del mondo doriano, si tratterebbe, alla non verde età di 75 anni appena compiuti, di combattere su tre impegnativi fronti sportivi: il calcio, il basket e, seppure non in prima linea, il ciclismo (di cui, come tutti i veneti, è appassionatissimo. Ma il team è anzi tutto Trek, poi Segafredo, con tutte le ricadute del caso, specie negli Stati Uniti). 

E' vero che il suo uomo-ombra, Luca Baraldi, l'operativo di livello, è 12 anni più giovane, ma ciò non può essere l'unico elemento di valutazione. Alla fine deve fare i conti più con la propria età e voglia che non con quella dell'elemento di punta del suo management, detto che il rapporto è molto simbiotico, sicuro.  Sul piano calcistico, la "stella polare" di Zanetti, oggi, è Urbano Cairo. Il marchio SZ è non solo associato al Torino, ma alla Gazzetta - di proprietà dell'imprenditore alessandrino - e di tutto il sistema mediatico - spettacolare della Rosea, in primis il Giro d'Italia.

Di fronte a un futuro con diritti tv incerti, in cui Sky ha saputo fare a meno della gran parte del prodotto Serie A e DAZN non sta del tutto meritandosi (oltre a non avere risorse infinite) il ruolo di major partner, Massimo Zanetti, che proviene da uno sport in cui i diritti tv non esistono (la pallacanestro, appunto; ma in fondo anche il ciclismo, disciplina nella quale i team non percepiscono un euro do quelle revenues, che vanno tutti ai grandi organizzatori di corse, in primis Equipe e Gazzetta), vorrà proprio tuffarsi in un ambiente saturo di debiti, gravido di problemi, nel momento in cui il calcio italiano ansima e tossicchia? E' vero che la Samp non giocherà la prossima Serie A (retrocessione purificatrice e salvifica, speriamo per loro), ma ricordando la circospezione e il rispetto con cui Zanetti affrontò la Virtus (prima con altri, poi in solitaria) e le problematiche di un Bologna in balìa dei cosiddetti "nanetti" (o briscolini, secondo la definizione del Civ) e dei loro corifei - nella testa dei quali Zanetti era un ostacolo a chissà quali illuminati disegni -...beh, io sono molto scettico. Magari l'affare si fa, magari Zanetti si converte sulla via di Damasco (o, meglio, sul greto del Bisagno) ma io la vedo piuttosto complicata. 

Un segnale dato alla città di teorico "disimpegno" Zanetti lo avrebbe dato non insistendo troppo sulla nuova arena costruenda in Fiera. Memori dei tempi biblici del Bologna Calcio su Dall'Ara e "provvisorio" a Fico (ma quando c'è di mezzo un monumento vincolato tutto si dilata), i tifosi virtussini scrutano qualunque aruspice in grado di dar loro conferma che il benefattore non si sia stancato e,anzi, proceda spedito. Per cui non solo non aver preso un lungo è un problema - lo è sul serio, poi dipende dalle gare -, la Samp è un problema, il ciclismo è un problema e la eventuale non-arena un problemone. 

Il tavolo di lavoro sull'attuale "padiglione 35" c'é e non risulta abbia alcuna intenzione di abdicare: Comune e Fiera Bologna lo sorreggono con convinzione. Tra demolizione e ricostruzione, una volta trovata la quadra economica, occorrerà un po' più di un anno. Si tenga conto che l'arena starà dentro il perimetro fieristico ma, in sostanza, sarà come fosse esterna: gli accessi non interferiranno con i visitatori della Fiera stessa. E se la Virtus ha più volte sussurrato di un accordo con Eurolega per entrarvi in pianta stabile, la condizione di un palasport proprio e capiente è uno dei prerequisiti. Non si scappa. Con il PalaDozza, per quanto tradizionale e civettuolo sia l'impianto caro all'Avvocato Porelli, non si va in Europa.

Non è capitato molto spesso, tra l'altro, che Virtus e Bologna andassero bene di pari passo. Nella costruzione della squadra, tra l'altro, alcuni principi sono identici, ovvero mix tra giovani già affermati e anziani non ancora...passiti, ma diversissima l'individuazione del tecnico: i rossoblu sono passati da due esoneri (Inzaghi e Mihajlovic) per riqualificarsi prima con lo stesso serbo e poi con il rampante Thiago Motta, la V nera ha avuto bisogno di un subentrato, Djordjevic, per ricominciare a vincere e poi consolidare il tutto con uno dei "mammasantissima" della categoria, ovvero Sergio Scariolo. In assoluto, e in proporzione, il basket che vuole vincere spende di più del calcio, non foss'altro per la totale improduttività dello scenario dei diritti tv cestistici. In questo ambito nemmeno Eurolega brilla commercialmente (tecnicamente è un torneo logorante ma affascinante, molto apprezzato anche dagli americani), non solo le Leghe nazionali. I primi club che la costituirono - tra questi tanto la V quanto la F, allora "seragnoliana" - godevano, sulla scia dei fondatori Real, Barca e Tau Vitoria, di un solido e fruttifero contratto con Telefonica, ora l'emergente Turkish Airlines è solida ma non particolarmente munifica. Di sicuro non aiuta avere quattro competizioni europee con doppia gestione: il calcio, in questo senso, è molto più lineare.

Pensare che Zanetti molli un contesto in progresso, per quanto difficile, per tuffarsi nel calcio alla sua non più verde età, appare poco logico. E va bene che lo sport vive di passione ed entusiasmo, ma il carburante della vittoria ha già riempito il suo serbatoio più volte. Non è un ricco scemo, ma nemmeno annoiato. Appare soddisfatto di quello che fa. E che ha costruito con denaro, fatica e idee. 

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