In una nota all’ANSA, l’AIA ha chiarito quanto segue:

“La presenza privata degli associati sui social network non è vietata. Cosa molto diversa è la divulgazione regolamentare, interna ed esterna, che è demandata al Settore tecnico arbitrale che ne ha un’apposita competenza. In riferimento alla sospensione di un proprio associato per alcune sue attività sui social network, l’Associazione Italiana Arbitri, nel sottolineare come le sentenze degli organi di giustizia preposti a tale ruolo debbano essere recepite e rispettate ricorda che ogni associato nel momento in cui entra nell’Aia accetta formalmente un regolamento e un Codice Etico che contiene le regole alle quali bisogna attenersi. Gli stessi regolamenti prevedono la possibilità di presentare ricorsi che saranno come sempre oggetto di attenta valutazione da parte delle Commissioni competenti. La presenza privata degli associati sui social network non è vietata, così come non lo è la pubblicazione di proprie immagini e testi che rappresentino la passione arbitrale e la propria attività. Cosa molto diversa è la divulgazione regolamentare, interna ed esterna, che è demandata al Settore tecnico arbitrale che ne ha un’apposita competenza. Pari discorso riguarda il commento delle prestazioni arbitrali, comprese quelle degli arbitri impegnati in partite di Serie A, Serie B e Coppa Italia, che è ovviamente di esclusiva competenza del Responsabile e dei Componenti della CAN e non può essere ad opera dei singoli associati”. L’Aia precisa, inoltre, “che è in atto una profonda accelerazione sul tema della comunicazione, anche in merito alla presenza sui social media”.

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