Adalberto Bortolotti spiega qual è il giusto criterio di valutazione dei calciatori: nella sua personale classifica, i migliori italiani dal 1960 ad oggi sono Dino Zoff e Gianluigi Buffon

-di Adalberto Bortolotti-

Qualche mese fa, il valoroso collega Alberto Polverosi mi contattò per una interessante iniziativa del Corriere dello Sport-Stadio: chiedere a dieci giornalisti, tutti oltre la sessantina (nel mio caso davanti all’avverbio “oltre” andrebbe doverosamente inserito un altro avverbio, questa volta tronco: “ben”) quali siano stati, a loro giudizio, i cinquanta migliori calciatori italiani nel periodo dal 1960 a oggi. Ringraziando dell’onore, trasmisi la mia lista, contraddistinta da dolorose quanto inevitabili esclusioni. Passò il tempo e mi ero ormai convinto che il tutto fosse finito nella naturale destinazione che nei giornali accoglie le idee abortite (il cestino) quando domenica 30 giugno la classifica dei Cinquanta ha fatto la sua trionfale uscita sulle pagine del quotidiano romano-bolognese. Premessa personale: quel giorno fu uno dei pochissimi in cui (per ragioni che non vale qui la pena riferire) non ho comprato e quindi letto Stadio. Ma l’uscita dell’inchiesta la imparai ugualmente di buon’ora grazie alle telefonate di amici e colleghi il cui comune denominatore era la domanda di rito: ma con quale criterio hai assegnato le cinquanta posizioni? Perché quello davanti e l’altro dietro? Cercherò di spiegarlo in breve. Le classifiche si possono fare in vari modi: o seguire il gusto personale e la simpatia, oppure rifugiarsi in una difficile neutralità e guardare ai fatti concreti, in buona parte testimoniati dai numeri. Se avessi seguito la prima strada, i primi due sarebbero stati Giacomo Bulgarelli, il campione col quale ho condiviso una lunga e sincera amicizia, sempre nel pieno e reciproco rispetto dei ruoli, e Roberto Baggio, il fuoriclasse che mi ha regalato le emozioni più forti. Ho preferito la seconda, più impervia, e ai primi due posti ho collocato due portieri: Buffon e Zoff, esitando molto prima di precisare l’interna gerarchia. Il portiere è il protagonista solitario di un gioco di squadra, ed è anche il più ingiustamente bistrattato dalle giurie dei grandi premi internazionali. Possibile che il solo, grandissimo Jascin abbia meritato il Pallone d’Oro? Rileggete la lista dei vincitori: c’è più di un nome francamente imbarazzante.Zoff è l’unico calciatore italiano che si sia laureato campione d’Europa (1968) e campione del mondo (1982). Una doppietta che nessun altro, né prima né dopo è riuscito a centrare. Buffon è stato per un ventennio il miglior portiere in circolazione, ha vinto il Mondiale 2006 a capo di una lunga collezione di trofei. Nella classifica delle classifiche ha vinto Gigi Riva, davanti a Baggio e Rivera. Mi resta la soddisfazione di aver azzeccato, sia pure non nell’ordine, la cinquina. Torno brevemente al “criterio” per rendere omaggio a un caro collega del vecchio Stadio pre-fusione: Lamberto Albertazzi, bolognese purosangue, grande declamatore di zirudele dialettali, dotato di un umorismo finissimo. Stadio fu il primo quotidiano a dare i voti ai giocatori, nel tabellino delle partite. Non col metro scolastico, ma dallo 0 al 5. In realtà lo 0 non si dava mai, l’1 e il 5 erano assai rari. Rimanevano il 2 (insufficienza), il 3 (larga sufficienza) e il 4 (prestazione eccellente). Quei voti venivano utilizzati per stilare una classifica, che usciva a metà settimana. Un redattore a turno, il giorno seguente, era precettato al telefono per rispondere ai lettori, che in grande maggioranza contestavano le votazioni. Una tortura per tutti, arrampicarsi sugli specchi per giustificare che Rinaldi del Foggia fosse meglio di Sivori. Sinché toccò ad Albertazzi. Che alla domanda di rito: “Vorrei sapere con quale criterio…” Rispose: “Scusi se la interrompo, ma le rispondo subito: nessun criterio”. Caro Lamberto, credo che ancor oggi quella risposta sia di grande attualità e forse l’unica per decrittare classifiche un po’ troppo avventurose.
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