Comincia con la presentazione alla Segafredo Arena, che per questa Virtus è molto più casa dell'Arcoveggio, l'era di Sergio Scariolo sulla panchina bianconera. In soli 11 giorni da gara 4 è cambiato quasi tutto: giubilato Djordjevic, nemmeno invitato in Comune per i festeggiamenti dal sindaco,  nonostante fosse ancora in città, finalizzata un'intesa pronta da mesi con un fior di tecnico ( fanno sorridere le critiche di quelli che dicono che Scariolo da anni non allena in un club ), la Virtus vuole dimostrare di essere comunque pronta al ruolo di campione d'Italia.

Il (capo)lavoro di Djordjevic in tre atti

E'questo è un riconoscimento del lavoro di Djordjevic. Arrivato nel modo sbagliato, con l'annuncio del suo ingaggio accavallato con la notizia triste, tristissima, della scomparsa di Bucci, Sasha si era dato una missione precisa: riportare la Virtus in alto, lui che l'aveva battuta, in Europa, da giocatore; lui dunque che ne aveva un ricordo preciso ben diversi dagli ultimi anni di malinconie.

Djordjevic vinta la Champions, per cui pure la società si era impegnata con la Fiba per altri anni, ha subito detto che si doveva andare in Eurocup, alzare l'asticella doveva essere un impegno quotidiano per tutti in società. Anche perchè per corteggiare i big europei bisognava invitarli a cena in Eurocupo, almeno, non in quel fast food che è ancora la Champions. Nell'estate 2019, da allenatore della Nazionale serba, Djordjevic è stato a colloquio anche con Rodriguez, il Chacho partiva alla pari con Teodosic nel ruolo di faro progettuale, e quando Teodosic è stato il più svelto, e motivato, a dire sì, lui, da allenatore della Nazionale Serba, bisogna ripeterlo, lo ha tenuto a casa dai Mondiali per farlo curare dall'Isokinetic e averlo al meglio il campionato. Come si è visto poi: la Segafredo di Natale 2019 era uno spettacolo da vedere. E pazienza per la coppa Italia che si è confusa con l'Intercontinentale: la finale di quest'anno ha detto che i rimpianti virtussimi per il campionato sospeso non erano un capriccio.

Infine, quest'anno c'è stato tanto altro. Primo step, non sempre riconosciuto, il mercato: Milano che puntava ai big stranieri, la Virtus che portava a casa i migliorei azzurri, fino all'arrivo di Belinelli. Quando un corto circuito societario è diventato un esponero lampo e una lunga convivenza da separati in casa. Non sono volati i piatti, nemmeno dopo la sconfitta in semifinale in Eurocup con Kazan e questo, bisogna riconoscerlo, è stato un merito di entrambe le parti che, già separate, hanno riconosciuto che ci fosse ancora un bene comune. Vero, la società non pensava allo scudetto, ma a Treviso, negli spogliatoi del Palaverde, intervallo di gara 3, è cominciata tutta un'altra storia: si è vista la difesa fanatica, si sono viste rotazioni chirurgiche, addirittura una sorta di special team con cambi vorticosi tra attacco e difesa, è fiorito un attacco non più farfallone ma finalmente concreto, in cui ogni giocatore era una precisa tessera del puzzle. Risultato: dieci vittorie in fila, Milano cancellata dal campo e persino privata di ogni scusa per il numero più alto di partite giocate. Come al Monopoli, l'Armani è dovuta tornare alla partenza e riflettere sulla scelta della formazione. L'anno scorso aveva sbagliato Mack, quest'anno non ha capito che il 6+6 sarebbe stato decisivo in campionato come è stato per la Virtus ( che pure ha dovuto rinunciare a Tessitori ). Soprattutto, Djordevic ha lasciato tanti giocatori maturati, Alessandro Pajola su tutti, un capitale che sempre per la regola del 6+6 vale ancor più di quanto i playoff hanno fatto capire.

L'Nba e il mondo su una panchina

Djordjevic è stato un signore, non si è levato, finora, nemmeno un sassolino dalle scarpe; Massimo Zanetti, complice l'assenza forzata di Luca Baraldi, è preso la scena. Anzi, le scene: coerentemente con quanto detto il giorno della presentazionme di Belinelli, uno scudetto con le ragazze sarebbe una cosa super storica, ha allestito un fior di squadra attorno a Cecilia Zandalasini. Risultato: la Virtuis women è già in pole position per la prossima stagione, mentre i campioni d'Italia, con lo scudetto sulle maglie, sono ancora un cantiere, tra conferme e scelte da fare. Arriva un fior di allenatore, che ha avuto Djordjevic da allenatore sia alla Fortitydo che al Real. I due si conoscono, bene, ma è normale che la lunga separazione di Sasha e il lungo fidanzamento di Sergio con la stessa Virtus raffreddino un po'i rapporti. Di sicuro, lo scudetto di Djordjevic è l'eredità fortunata ma anche impegnativa con cui Scariolo comincia la sua avventura. Impossibile che scelga una rotta diversa da quella del suo predecessore: si vola alto quando al timone c'è l'allenatore campione del mondo ed Nba in carica. Di nuovo la panchina servirà da richiamo e da vetrina. Di nuovo si prenderanno le misure a Milano in campionato e si assumerà un ruolo, anche politico, quello mancato finora, in Eurocup per chiudere il cerchio con la qualificazione all'Eurolega. Ci sono tre anni di tempo, la gente da far tornare al Palazzo, e appunto un Palazzo da realizzare: cominciare a costruire avendo uno scudetto come prima pietra non è male. 

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