Maurizio Sarri, il personaggio della settimana. Tutti i segni di riconoscimento di un allenatore capace di conquistare Londra in cinque mesi. E Guardiola...Dopo tre stagioni alla conduzione di una macchina semi-perfetta come il Napoli, dopo il record di punti della storia del team partenopeo conquistato grazie a un lavoro quotidiano rimarchevole e meticoloso, dopo aver perso probabilmente in hotel un campionato vinto dalla Juventus solo per una questione di mentalità nonostante la forza risaputa della rosa bianconera e il dominio di quest'ultima in Italia, dopo aver iniziato come impiegato in banca una carriera lavorativa esplosa, in seguito, sulle panchine dei campi di calcio di Serie B e Serie A...Dopo tutto questo, cosa ti puoi aspettare di più dalla vita, se ti chiami Maurizio Sarri e hai appena lasciato la seconda forza calcistica italiana nelle mani di un collega come Carlo Ancelotti? Quando pensi di aver dato tanto alla difficile e prestigiosa professione di allenatore e stai per chiudere un'avventura magnifica, nel bene e nel male, come quella "al servizio" di Aurelio De Laurentiis, potresti anche prenderti un anno sabbatico per recuperare le forze e aggiornare il tuo modus operandi; ma se arriva una chiamata da Londra e a cercarti è il massimo esponente nonché proprietario di un club come il Chelsea, realizzi di essere qualcuno di importante in un mondo spesso bugiardo e difficile come quello del 'football' continentale. E allora i vari riconoscimenti di “vero e proprio top trainer”, “stratega del calcio” ed “esteta del gioco” si infrangono prepotentemente contro la voglia di continuare ad allenare, cambiando aria e sposando quella rarefatta del miglior campionato d’Europa e, probabilmente del mondo. Approdare in Premier League è un sogno che diventa realtà: modificare letteralmente i principi lavorativi di giocatori come Hazard, Morata, Willian, Giroud, Fabregas, Kanté, Luiz, Rüdiger e dei restanti componenti della rosa del Chelsea ed essere acclamato dai sostenitori Blues in uno stadio come Stamford Bridge può solo far toccare l’apice della carriera al coach dal ‘rozzo’ abito sportivo ma dalla mente sopraffina. E se già ad agosto riesci a conquistare la simpatia di un ambiente abbandonato all’irrazionalità e al disordine come quello di Abramovich, a dicembre non puoi far altro che incassare di diritto la fiducia anche dei più scettici, mettendo k.o. il massimo esponente dell’estetismo calcistico, Pep Guardiola.L’allievo Maurizio supera il maestro Josep, dimostrando di saper plasmare le proprie idee offensiviste davanti a una corazzata quasi imbattibile come quella del Machester City. E’ possibile trasformare il possesso palla sapientemente architettato da Jorginho e co. in un’attesa costante dell’avversario e nel pragmatismo di due gol che valgano il k.o. dei campioni d’Inghilterra in carica? E’ plausibile abbandonare la ricerca del pressing alto sui portatori di palla rivali per tamponare i funesti urti di Marhez, Sterling e Sané? E’ concepibile possedere le redini del gioco per uno spicciolo 39% e gioire, al triplice fischio finale di Oliver, per aver conseguito la vittoria più importante dei primi cinque mesi alla guida dei Blues? Risposta affermativa, con conseguenza immediata per Guardiola: City schiaffeggiato nel pieno del proprio ego di miglior equipe della Premier e superato, in classifica, dal fulmineo Liverpool di Klopp. Un trionfo mica male per Maurizio Sarri, che vendica, con un sonoro 2-0, la sconfitta estiva in Community Shield incassata dagli stessi Citizens. Oltre a piegare gli imbattuti, il tecnico italiano vince la sfida con la propria filosofia: il ‘Sarrismo’, sinora una certezza ai fini della ricerca di un calcio semplice ed elegante nei suoi innumerevoli tocchi di prima e movimenti senza palla, lascia il posto al ‘Sarrealismo’, uno stile nuovo capace di amalgamare la praticità dell’offendere gli avversari con la maestria nel sapersi difendere, con lo spirito di gruppo, dai medesimi. Il tutto reso possibile attraverso la determinazione che il tecnico ex-Napoli ha sempre preteso e ultimamente non apprezzato nelle gare disputate contro Tottenham e Wolverhampton, terminate con altrettante sconfitte del Chelsea. “Abbiamo parlato tanto insieme, sapevamo tutti cosa stava succedendo, non dovevamo mentire a noi stessi: la mentalità era il problema. Una delle cose che ci ha resi forti nei momenti difficili della passata stagione è stata che sapevamo come soffrire. Visto che in questa le cose stavano andando così bene, abbiamo pensato che non ci fosse bisogno di soffrire. E due squadre, Tottenham e Wolves, hanno smentito la nostra tesi. Sarri stava diventando pazzo dopo il 2-1 del Molineux, ma questo andava bene perché non avremmo dovuto perdere quella partita - ammette Rüdiger subito dopo il trionfo col City - Ecco perché, contro il team di Guardiola, tutti hanno visto una squadra pronta a combattere. Volevamo portare i tifosi con noi e siamo riusciti nel nostro intento grazie al cinismo mancato nell'ultimo mese”. Parole, quelle del difensore tedesco, che rivelano il vero dogma mentale che Maurizio Sarri impone costantemente ai suoi giocatori: per ottenere risultati ambiziosi, il lavoro scrupoloso dev’essere la base della forza di volontà e di una concentrazione da non abbassare mai. Lo stesso presupposto indispensabile, nel calcio, per battere i migliori e diventare tali. Lo stesso criterio senza il quale il Chelsea non può tornare a sedere sui migliori troni d’Inghilterra e d’Europa. Lo stesso principio di vita, d’altronde, di un ex-impiegato bancario napoletano in grado di far innamorare, in soli cinque mesi, la parte più blu di Londra grazie al proprio assiduo impegno e all’ineguagliabile senso di responsabilità.
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