Ricordi di incontri con grandi personaggi del mondo dello sport avvenuti attorno ad un tavolo imbandito. Oggi Marcello Sabbatini

- di Alberto Bortolotti -

Evocato nel pezzo precedente dedicato a Ghirelli, ecco un Re autentico, ovvero Marcello Sabbatini. Che conosco per una serie di incredibili casualità di vita ma poi rimane una pietra miliare del mio percorso professionale e umano. Lavoravo per Italia 7 (e la sua consorella minore Rete 8), che diventa poi 7 Gold. Il figlio del proprietario faceva scherma con la figlia del presidente della società di gestione dell'autodromo di Imola, l'avvocato Federico Bendinelli, che io avevo conosciuto anni prima quando mi occupavo anche di "bianca" e lui era capogruppo democristiano a Palazzo d'Accursio. Bendinelli aveva "assunto" Mario Poltronieri, appena pensionato dalla RAI, come consulente dell'autodromo intitolato, all'epoca, a Dino Ferrari. Colloquiando con il boss tv Ferretti nasce l'idea di creare un contenitore tv che si occupasse di Imola non per la Formula 1 ma per tutto il resto. Il nome evoca i motori, "Imolasprint", ed è affidato alle mie cure. Imolasprint poteva anche essere una buona idea ma naufraga subito: è privo di contenuti. Cioè "perdere" 15' per parlare del Crame (auto d'epoca) o di altri eventi minori non interessava davvero a nessuno, nemmeno a noi che lo facevamo.Vado da Ferretti e gli dico: "Guarda, Luigi, che sprechiamo tempo. Se proprio dobbiamo, mettiamo in piedi un "processo" alla Formula 1. Poltronieri è stata una figura di riferimento, si è appena ritirato, conosce tutti, non sarà un problema fare una cosa interessante". Particolare non da poco: Mario sarebbe venuto gratis. Era parte del suo contratto imolese. La prima versione della nuova trasmissione si chiama Motorland, con fattiva partecipazione della famiglia Bernardoni. Poi Il Processo di Poltronieri. E infine il Processo al Gran Premio. A esser sincero, io ero proprio un neofita. Guardavo le gare, ero anche stato qualche volta sul Santerno a vederle, ma non ne sapevo mezza. Poco male: si impara. Purché non ci si travesta da esperti, ti sgamano subito, specie in una disciplina a forte contenuto tecnico e tecnologico. In cui la memoria ha un ruolo determinante: "t'arcordet c'la vòlta, Merzario, no, era Gabbiani, ma no, Lella Lombardi", e così via. Che se fossero Fangio o Nuvolari, ancora ancora. Ma gli appassionati ne sanno - quasi sempre - più di te, solo che si perdono dietro alla loro passione. E tu sei lì solo per sistemarla. Bene, partiamo. Alla domenica sera, a a calcio finito. Grande vantaggio: non c'erano posticipi, o comunque non così "pianificati". Le 23 erano perfette. Come si deve fare in questi casi? I piloti scordateveli. Metti qualche ex, una valletta, e tanta competenza giornalistica (negli anni si unirono a noi altri due super, Franco Nugnes e Guido Schittone. E spesso c'era Carlo Cavicchi). Più...adesso vi dico. Mario, a essere sinceri, era perfetto in tutto tranne una cosa. Non era capace di commentare "criticamente" in tv. Gli mancavano grinta e capacità di affondare. Era competentissimo (collaudatore Abarth), sapeva tutto, la leggenda delle telecronache "monche" era ridicola. Provate voi a telecronizzare un gp da un monitor in bianco e nero grande come un francobollo. Non distingui caschi, colori della monoposto, un tubo. La persona era super. Negli anni, certo, iniziò a pesargli l'avanti indrè con Bologna, sorsero a Milano trasmissioni concorrenti, cessò il suo contratto con Imola, quindi cambiarono le condizioni e lui perse entusiasmo. Ma io trovai un amico vero, oltre che un signore. Restava un fatto: se gli chiedevo di Schumacher che arriva secondo, insomma...lo giustificava. Michael e anche tutti gli altri. Ma non si può, in un processo. Non si calò nella parte, non ce la faceva, ma l'alternativa comunque me la trovò lui. In realtà fu duplice. Auto e Motosprint avevano, e hanno, un vignettista formidabile. Giorgio Serra, Matitaccia. Un puledro di razza, un perfezionista. Un amabilissimo e straordinario rompiballe. Due segni e tac, un elogio o, più spesso, uno scappellotto a Senna, Prost, Mansell, Biaggi, Capirossi (già, nel frattempo ci eravamo allargati anche alle moto), il precoce Valentino, gli Schumi, Montoya, ecc. ecc. Un fuoriclasse. Che pigliava bonariamente per il naso lì, all'impronta, protagonisti e telespettatori. Una sera Mario e Giorgio mi portano una coppia di commentatori. Il giovane Alberto Sabbatini (grande carriera giornalistica) e il monumentale, tonitruante Marcello, il patriarca. Di ospiti ne sono passati tanti, ricordo Capirossi, Lucchinelli, Gianola, le meteore di Formula 1, come Apicella, Bobbi, la Defilippis, Giacomelli, Martini, Modena, Montermini, Morbidelli, Sospiri. Giancarlo Minardi. Ma nessuno ha lasciato il segno come Marcello. Vi ricordate "l'uomo volante" che vinse Sanremo? 2004, Marco Masini. Marcello pretese di andare in montaggio e inserire le strofe della canzone su un volo di Juan Pablo Montoya, uno dei suoi favoriti. Perché rischiava: tutti quelli che anche solo lontanamente somigliavano a Gilles Villeneuve incontravano i suoi favori. Sabbatini aveva idee e le metteva in pratica. Diventammo, passati poi a Odeon Tv, un chiassoso e divertito circo viaggiante. Facemmo tante trasmissioni in autodromo e prima di andare in onda era "baracca" assoluta lì, nelle cucine (tortelloni, prosciutto, grigliate), con il fiume a 10 metri. Un gruppo di studenti in vacanza che lavorava per hobby. Perché all'epoca le redazioni si divertivano anche molto. All'epoca. E quella palestra fu talmente formativa che oggi la responsabile mondiale per diverse tappe della Formula E, fra cui quella bellissima all'Eur, è Margot Mc Millen, venuta al Processo a fare la "valletta" e presto inseritasi trionfalmente nel contesto motoristico internazionale. Una ragazza stra in gamba, ma tutto nacque lì in tv. Sì, Marcello era critico, feroce, scorticava i potenti, in primis il Drake. Fa ridere ora constatare il dilagante leccaculismo (eh sì, i tifosi ti vorrebbero quasi sempre prono, salvo poi diventare cattivissimo con chi loro mettono nel mirino...) e il considerare critiche dei banalissimi appunti: nei motori, nel calcio, ovunque. Sabbatini prendeva ogni inizio settimana un cazziatone da Enzo Ferrari, ad Autosprint ancora fumante (il "Vecchio" mandava un autista alle edicole bolognesi per comprarlo e leggerlo appena uscito), ma riproponeva le sue tesi. Aveva una schiena fantasticamente diritta. Beh, diventammo amici. Io ero il discepolo, intendiamoci, lo scolaro. Formalmente pilotavo io, e un po' come era capitato con Alfeo dovevo "guidare", mettere dei binari, disciplinare. Sennò rischiavamo di andare fuori giri. Ma l'autorevolezza della persona non aveva limiti. Enorme rispetto, davvero. Oh, e poi dicono che io l'ho conosciuto in versione "buona". Da direttore ruggiva. E il Telefono Azzurro dei redattori non c'era...Altro particolare: quando lui arriva alla Conti, 1966, la stampa motoristica settimanale non esisteva. C'era Quattroruote, un mensile. Ha inventato lui il genere. Con un successo commerciale e di vendita travolgente.E il "Processo al GP" era soprattutto suo, lui era il PM, e io contento per avere contribuito a dare a un simile gigante una sorta di seconda giovinezza. Creava: il gingillo rosso che ho in mano nella foto è opera sua. Sabbatini era un generoso. Mi portò da Piero Ferrari, scomodò le sue conoscenze in ambito Ecclestone (il sardo Lattuneddu, suo braccio destro) per irrobustire il prodotto tv. Una sera, anni '90, era estate, finiamo il Processo che era quasi l'una di notte. Ci avviamo verso casa facendo la Via Emilia, il rientro in quegli anni via autostrada la domenica sera era fortemente sconsigliato, in stagione di controesodi. All'altezza di Toscanella supero dove non si può e una implacabile pattuglia di carabinieri mi fa fuori la patente. Partivo la mattina dopo per la Grecia, in teoria. Le prime parole di Marcello furono: "ecco le chiavi della mia casa di Tortoreto Lido, vai quando vuoi, stai quanto vuoi". Beh, anche l'Abruzzo era un punto di contatto. Ho sposato la figlia di un aquilano. Abbiamo avuto casa nel capoluogo fino a poco prima del dramma del terremoto. Marcello era teramano, e prendemmo la bella abitudine di trovarci a cena quando, in agosto, scendevamo entrambi con le famiglie. Luogo dei meeting mangerecci era un ristorante di Tortoreto Alta. Il boss chiamava al desco tutto l'Abruzzo dei motori, e qui è necessaria una breve specifica. Dal '24 al '61 il circuito di Pescara - che come città nacque dopo il suo autodromo - è stato teatro di sfide epiche di corse di Formula 1. 25 km. molto impegnativi (voluti, a memoria del fratello, da quell'onorevole Acerbo che firmò la legge elettorale che incardinò il regime fascista), una specie di Nurburgring dell'Amarissimo. Basti pensare che nell'Albo d'Oro troviamo, al debutto, Enzo Ferrari, poi Campari, Varzi, Nuvolari, Fagioli, Rosemeyer, Caracciòla, e ancora Fangio, Gonzalèz, Hawthorn, Moss, Bandini. Ascoltare Sabbatini e i suoi commensali rievocare quei tempi, "sentire" il ruggito del motore di Nuvolari o Fangio era come spalancare un impareggiabile libro di storia. Pensavo, mentre degustavo timballo e arrosticini, se ci fosse stato Lucio Dalla: ci avrebbe fatto altre canzoni. Com'era Sabbatini a tavola? Parco. Nonostante una mole ragguardevole non si abbuffava. Diventava matto per le cose al limone, compresi i dolci, che in Abruzzo napoletaneggiano molto. Il suo funerale fu celebrato una mattina presto del gennaio 2008, alla chiesa della Ponticella. C'erano Giacomo Agostini e Arturo Merzario. Si erano alzati all'alba per non mancare all'ultimo saluto. Il "Processo al Gran Premio" era già defunto.
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