Nuovo appuntamento del Director's Cut con alcuni spunti di riflessione su Mihajlovic, il mercato passato e quello che verrà e sul restyling del Dall’AraIl progetto del Bologna, che ricompare ciclicamente dalle proprie ceneri, ha in realtà un solo nome e cognome, e cioè Sinisa Mihajlovic. Sprezzante verso la propria malattia, presa a schiaffi - metaforici - come il malcapitato Medel a Via del Mare, il comandante serbo, ora icona di tutti i buonisti - dopo essere stato vituperato per certe prese di posizione del passato un po' estreme, un po' ideologiche, un po' molto jugoslave -, trasvola per diversi giorni, andando a cogliere meritati trionfi in giro per l'Europa, e poi vince a Lecce, in attesa del famoso "serbian food" cucinato dalla mamma a Natale (non è uno sbiscio, lo ha raccontato lui pubblicamente): lo stesso "cibo ignorante" che, mentre era al Sant'Orsola, unico paziente ammesso a questa eccezione, chiedeva a Ivo e Simone del Campione. Più cipolla che zenzero, più aglio che rucola, se stiamo alle mode nostrane degli ultimi anni. A lui piace così per sentirsi parte della comunità. E' vero, come scrivono autorevoli e accomodanti colleghi, che chiedere giocatori a proprietà e management e farsi rispondere di no fa parte delle dinamiche del calcio. Però, forse, senza mettere aureole a nessuno, giacché è calcio e non un'opera pia, proprio nell'anno di difficoltà andava tecnicamente accontentato. Se cioè Tanjga e De Leo fossero stati messi più in condizione di essere performanti, con qualche giocatore da A a disposizione oltre a chi già c'è, avrebbero fatto meno la poco piacevole figura di essere degli anestesisti che provano a fare i chirurghi in assenza (forzata) del titolare. E la richiesta di un "collante" aveva e ha un senso, se lo si vuole vedere, anche perché era tutt'altro che scontato che la ripresa fisico-psicologica fosse così rapida. Qui amiamo, con la più assoluta nonchalance, scherzare col fuoco; ma non solo, dopo ci si vanta verso gli odiati "mai goduti" di successi parziali che oltre tutto risentono di situazioni molto particolari. "Il progetto", appunto. Cioè tenere Mihajlovic ed esporlo come un'icona. Attenzione: il Bologna ha fatto uno sforzo economico importante. Su di lui. Sul resto meno. Basta poi dirlo, è una scelta, non c'è mica niente di male. Fa un po' tenerezza richiamare costantemente il fatto che abbiamo meno punti di quelli meritati: soprattutto perché non è vero. Ci sono state partite in cui abbiamo tirato su poco, ma anche gare che sono girate al contrario: come sempre, poi. Ed è certo che recuperare Soriano e - quando avverrà - Djiks è fondamentale ma un po' più di qualità in mezzo è indispensabile, se si vuole crescere. Schouten e Svanberg sono troppo friabili, al momento, e Dominguez tutto da decifrare, fuori dall'Argentina (e più adatto a un 4-3-3, in cui farebbe/farà la mezzala destra, come là). Avere fatto tre anni di contratto a Medel è...misterioso. Ma non perché battibecca con il mister, quello chi se ne frega. Non se ne intuiscono le doti, per ora. E sì, lo dico perché lo penso, Pulgar era ed è un'altra categoria. Rimpianti? Certo. Parecchi, anche. Venduto a poco e sostituito così, insomma si può far meglio.La sontuosa doppietta di Orsolini nel Salento e la doppia cifra da lui raggiunta nel 2019 lo catapulta inevitabilmente nell'Olimpo del mercato. Il Bologna ha già ben due alternative, Skov Olsen e Vignato. Peccato che questo frullo continuo di giocatori non abbia giustificazioni economiche né tantomeno tecniche. Si spende sempre più di quello che si incassa e non si cresce. Colpa di Bigon? Anche. Ma pure di Saputo, Fenucci, Di Vaio, tra poco anche Sabatini. "Dagli a quel cane" è uno sport che ho sempre detestato. Se il decollo tarda, le responsabilità sono ben distribuite. Infine, lo stadio. Al Carlino Fenucci ha detto: “Entro la fine di gennaio individueremo il partner commerciale e avvieremo l’iter per manifestare l’intenzione al Comune. Avremmo voluto trovare il partner entro la fine dell’anno, siamo in ritardo di un mese, ma il restyling si farà. Un paio di imprese ci hanno già inviato la loro valutazioni su costi e lavori. Altre due le stanno completando. Sono tutte imprese italiane e una di queste sarà il partner”. Non credo si vada molto lontano se si pensa che le concorrenti siano i colossi nostrani del settore, ovvero Astaldi, Salini-Impregilo, Pizzarotti, a cui si è recentemente aggiunta Cimolai, specializzata in stadi e arene: Russia, Lussemburgo, Grecia, la Dacia Arena e il Roland Garros. Curioso verificare se il costruttore aderirà alla proposta di Saputo di condividere il rischio d'impresa. E come interverrà la municipalità. Speriamo di esserci, finalmente, perché altre zone della città, altri enti, come la Fiera, e altri sport, segnatamente il basket, paiono galoppare. Le ritualità del calcio prevedono liturgie improgrammabili. E il "progetto", inteso in senso ingegneristico, va completato e presentato.
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