Parto da una brevissima notazione personale: il calciomercato non mi ha mai interessato. Non mi frega nulla del gioco che appassiona tanto i tifosi, e cioè "tu chi compreresti, tu chi venderesti", e tantomeno dell'ergersi a talent scout "ho visto un ragazzino nella D altoatesina che può venire e spaccherebbe il fondoschiena ai passeri". Se non si comprende che del calcio come sport è rimasto molto poco, che fondamentalmente contano solo i soldi e che noi non ne conosciamo nè provenienza nè destinazione, allora rischiamo di correre a vuoto. 

L'esplosione del mercato arabo può solo avvantaggiarci, nel senso che, per come si è fatto calcio a Bologna in era saputiana, al poter essere protagonisti - anche solo lontanamente - abbiamo abdicato completamente, e conseguentemente trovare uno sbocco ulteriore per aumentare il valzer di braccetti e sottopunta è molto funzionale. C'entreranno anche il Covid e potenti competitor (bah...se è vero, non vale solo per noi) ma c'entra soprattutto il desiderio di non dare fastidio ai piani alti e minimizzare il rischio. 

In questo contesto, tanto per chiudere il discorso sui giocatori, giudico apprezzabile l'arrivo di Beukema, inevitabile il sacrificio di un "top player", un passatempo il florilegio dei nomi (diceva il grande Alfeo che è così comodo vedere la formazione e giudicarne i risultati..., poi "agosto, calcio mio non ti conosco") e una manna dal cielo il potenziale volo di Musa Barrow verso l'Islam. Potremmo attenderne l'esplosione per qualche secolo. Prendano chi vogliono, cedano chi gli pare, che tanto per me è preciso. Le squadre di calcio di oggi non hanno alcun elemento di identificazione con il territorio e non gliene frega niente di averlo. Il settore giovanile? Bene, ripartiamo. E attendiamo. 

Nella ricerca di qualche liaison con l'ambiente, si è talora proceduto a lavorare sugli sponsor. Esempio clamorosamente positivo, il rapporto tra Macron e BFC (tante divise, ma non tanti soldi: e vorrei pure vedere). Ma anche Faac, Illumia, e chissà quanti me ne dimentico. Sulla maglia, in evidenza, si sono succeduti l'abbigliamento carpigiano (Liu Jo), il franchising capitolino (Facile Ristrutturare) e l'autosalone virtuale, britannico (Cazoo). Risultati, di incasso e di fidelizzazione, invero assai modesti. La squadra inanellava brillanti quattordicesimi posti e non si poteva pretendere la Coca-Cola, certo.

Il bel nono posto recentissimo, su questo piano, è stata una montagna che ha partorito il topolino. Intendiamoci: io applaudo l'inserimento del marchio della famiglia del proprietario, l'ho scritto per primo (tra l'altro i portici riferiscono di un possibile sbarco a Casteldebole di un altro rampollo canadese, oltre a Luca. Potrebbe essere Lino jr., ma l'importante è che non sia uno dei due tifosi rossoneri...). Però un nutrito e qualitativo ufficio marketing poteva anche ottenere un risultato migliore dal mercato. Così, lo stesso padrone che reclama conti più a posto si trova a dovere aggiungere denaro...se non suo, del babbo. Sono sicuro che imprenditorialmente e fiscalmente sono stati raggiunti risultati più che soddisfacenti, ma è ugualmente curioso. 

Mi pare che il Bologna sia in un momento di trapasso, vicino a un rinnovamento gestionale, ma ancora timoroso di veleggiare più in là. Ho notato che un Fenucci, accorto e prudente libero alla Franco Janich, ha avocato a sè la conferenza stampa di apertura ritiro e buttato lì una cifra: fatturato triplicato. Come dire: se a qualcuno punge vaghezza di cantarmi "fatti più in là" (chi si ricorda le Sorelle Bandiera ?), io ho i numeri dalla mia. Poi, si sussurra che non si dovesse calcare così il piede sulle difficoltà di andare in Europa: può essere, magari gli sponsor e i nuovi arrivi gradiscono di più un anelito continentale del paragone con la Salernitana, qualcuno deve aver fatto delle promesse. Opinioni, sia chiaro. 

Credo che il primo a tenere tutti sulla corda, dal chairman, ai dirigenti, ai giornalisti e ai tifosi sia Thiago Motta. Una specie di figlio di Sergio Scariolo, Nè con Toronto, né con Parigi, ma a Bologna per cuocere un buon piatto con ingredienti "poveri". Ma non poverissimi, nè in ritardo, sennò brontolano (a giusta ragione). Prego solo il mister (che non conosco, a differenza del coach) di non prendere lucciole per lanterne quanto ai suoi obiettivi verbali.

Ad allenare è bravissimo, trattenerlo è stata una gran cosa. 

A fare analisi extra campo può e deve migliorare. 

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