Non è bastata l'euforia generata dall'arrivo sulla panchina del Torino di Moreno Longo per invertire la tendenza degli ultimi tempi. Poche idee e una condizione fisica precaria Nel giorno della finale del festival della canzone italiana, lo spartito del Torino è rimasto lo stesso del recente passato. La sconfitta contro la Sampdoria, meritata per come si è materializzata, impone una riflessione sulla tenuta fisica dei granata e sulla lucidità mentale nel gestire un risultato improvvisamente favorevole dopo la rete del vantaggio siglata da Verdi. Un gol che, se alla fine fosse risultato decisivo, avrebbe posto l'accento sulla stranezza, l'imprevedibilità e la bellezza unica del calcio visti lo scarso apporto finora fornito dal trequartista ex Bologna, soprattutto nell'era Mazzarri. Niente di tutto questo, comunque: perchè il pari di Ramirez (frutto di un colpo di genio su punizione, è vero, causata però dall'ennesimo errore nelle scelte di Aina) non solo ha riportato sulla terra Belotti e compagni ma ha fatto riaffiorare le solite incertezze di una squadra che stenta a riconoscersi nei momenti di difficoltà. Tutto questo, unito a una condizione fisica che definire deficitaria è pleonastico, ha finito per ridimensionare in fretta l'euforia scaturita dall'arrivo in panchina di un torinista doc come Moreno Longo e a guardare la realtà dei fatti: in questo momento il Torino è in difficoltà palese, figlia di una preparazione atletica che non ha convinto già nei mesi scorsi e di una gestione errata delle risorse in rosa. Un cambio in più sulle fasce, ad esempio, avrebbe certamente dato una mano al tecnico che in panchina poteva contare solamente su Ansaldi, a disposizione dopo un lungo periodo di stop e impossibilitato a garantire più di un quarto d'ora. Lo stesso dicasi per il centrocampo, con Lukic e Rincon in campo e l'accoppiata Meité-Adopo pronti a subentrare. Di questi quattro giocatori, nessuno con le doti di metronomo che sarebbe servito per amministrare il vantaggio e spegnere sul nascere i tentativi doriani di rimettere tutto in discussione. Insomma, Longo non potrà di certo fare miracoli (e non sarebbe nemmeno da additargli la responsabilità della sconfitta di ieri visti i soli quattro giorni a disposizione per preparare la partita) ma di certo a lui e alla squadra si chiede un sussulto di orgoglio per risalire la china e muovere una classifica sempre più infelice. La zona calda rimane a distanza di sicurezza, 11 punti, ma le sole due occasioni create nel match di ieri (un tentativo timido di testa di Berenguer e la rete rocambolesca firmata da Verdi) impongono un cambio di rotta repentino. In questo senso, il calendario non darà di certo una mano: il Toro giocherà lunedì prossimo a San Siro contro il Milan, poi in casa contro il Parma e a Napoli contro gli azzurri di Gattuso, in netta ripresa. Per uscire dal baratro servirà l'aiuto di tutti ma un cosa è certa: il Torino è ancora un malato alla ricerca di se stesso e della giusta medicina. Per capire se la cura Longo sarà quella giusta servirà soprattutto la predisposizione del paziente, il sostegno dei genitori e la pazienza di parenti e affini.   (Foto: Twitter Torino Fc)
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