- di Luca Corsolini -

L'intesa era un pezzo, le righe che state leggendo, sul valore e il significato, oggi, dei settori giovanili nello sport professionistico.

Lo spunto il fatto che Giordano Consolini lascia la Virtus 37 anni dopo esserci arrivato una prima volta. Giordano ha scritto una lettera di saluto all'Arcoveggio, ovvero al suo mondo, che trovate pubblicata qui sotto, che lo conferma persona di alto spessore umano, e non semplicemente tecnico di valore. Va a Reggio Emilia, dove gia’ era stato, e probabilmente nemmeno accetta di essere il suggerimento per parlare di un tema che il coronavirus da semplicemente sportivo ha fatto diventare sociale: le squadre di serie A, quale che sia la disciplina, devono avere un settore giovanile? Per dire, i Lakers non si preoccupano minimamente di costruirsi in casa il nuovo Lebron James, non sta a loro occuparsi e preoccuparsi della pratica sportiva come parte fondamentale della crescita delle nuove generazioni e come garanzia allargata dello stato di forma della gente che poi riempie i palasport e "consuma"il prodotto basket. E delle nostre squadre di serie A l'unico made in Bo, ma nato ad Ancona, e’ Pajola, parlando dei giocatori che hanno un ruolo effettivo e non di  complemento. E i ragazzi copertina del momento, i poster boy sono Barrow e Juwara, nati in Gambia, storie tanto ricche che per raccontarle su due pagine della Gazza è sceso in campo Walter Veltroni. 

Questo per la parte sportiva, la parte sociale si puo' leggere nella decisione della Virtus di salvare il basket femminile in città, ma lo stesso Bologna, che pure avrebbe dei vincoli federali maggiori in tal senso, ancora non ha varato la squadra women.

E’ un tema su cui tornare, ma oggi l'attualità dice altro. Dice che l'argomento di cui parlare sono l'Europa, gli Usa, gli Stati Uniti, in sintesi i viaggi che noi persone comuni viviamo come un sogno e che per lo sport stanno cominciando ad avere i contorni dell'incubo. Sulla via Emilia, viaggio breve, il Bologna ha capito che l'Europa era una chimera, perdendo con il Sassuolo in casa e pareggiando a Parma. E’ evidente che la scelta di investire, e tanto, sullo stadio, rimanda a un domani di maggiori ricavi quegli acquisti che sembrano indispensabili, ma il futuro non è moneta con cui si paga tutto nello sport. E infatti Mihajlovic si è messo a cantare come Morandi: "Ma se il mio cuore spera, non sarà solo una chimera". Sinisa non rinuncia al ruolo di prima voce, e sa bene che una squadra deve essere un coro, al tempo stesso la dimensione collettiva è troppo ovattata, protettiva, non si stecca e infatti i punti in classifica saranno più dell'anno scorso ma nemmeno si lanciano gli acuti e infatti il peso specifico di questi punto sarà una coperta di Linus. Mihajlovic vuole viaggiare in Europa, lo sogna proprio. E lo ha detto pronto all’imbarco, dichiarando che tocca ad altri fargli il biglietto presentandosi sul mercato con la stessa voglia di volare alto e, aggiungiamo, di volare in modo altro rispetto alle ultime stagioni. L'incubo tocca al basket: la ripartenza troppo allegra della Serbia, riassunta dal torneo di tennis male organizzata da Djokovic, con un ritorno preoccupante dei contagi, comporta il fatto che i viaggi da/per Belgrado possano essere interrotti da un momento all'altro. 

Non è una questione che riguarda solo la Virtus che pure è aggrappata a Teodosic e Markovic, e meno a Djordjevic protetto dalla sua residenza da pendolare bolognese-milanese, è una incognita che, allargata agli stessi problemi di contenimento del coronavirus negli Stati Uniti, riguarda anche altre parti del campionato e la stessa Fortitudo che oggi ha conosciuto, prima ancora di ricominciare a viaggiare per l'Europa, i suoi avversari in Champions. 

Invece che i settori giovanili, che pure non sono stati completamente abbandonati, lo sport professionistico ha scelto il viaggio come sua dimensione identitaria: lo dice, in città, il trasloco di Virtus e Fortitudo verso Fiera e Unipol Arena, a suggerire che bisogna allargare i confini. Oggi però il viaggio non è più una certezza e, nell'essere diventato se non un incubo un appuntamento da confermare ogni volta all'ultimo momento, alla faccia dei calendari che nello sport dovrebbero essere un dato scolpito nel marmo, ci dice che la fase 2, oppure chiamiamola in maniera piu’ pertinente nuova stagione, e’ tanto più lontana quanto vorremmo fosse vicina.

Al Bologna toccano sei partite davanti a un gate chiuso dell'aeroporto: nessuna Europa possibile. A Virtus e Fortitudo tocca scendere di un piano al Marconi e sperare che si aprano le porte degli arrivi per cominciare la stagione prima, e per viverla poi con un campionato insaporito dalle trasferte europee poi. Il Bologna deve scegliere se smettere di sognare l'Europa e cominciare a corteggiarla. Virtus e Fortitudo si sono dichiarate all'Europa, fidanzate ricambiate con la stessa attenzione, e adesso hanno paura che non solo le mascherine impediscano i primi baci.

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