Lustrini e paillettes, presentazione in grande stile, glamour. Brand, marketing, e inglesate del genere, sono diventate di uso comune ormai nel football nostrano e in generale. E' quello che è accaduto a Milano nella giornata di ieri dove il Milan ha mostrato al mondo la quarta maglia, in due versioni, che verrà utilizzata dai rossoneri contro Napoli e Monza, rispettivamente l'11 e il 18 febbraio (entrambi i match di domenica sera), ma a chi scrive nessuna delle due versioni ha suscitato granché di entusiasmo. Ma andiamo con ordine.

Il Duomo sulla maglia

L'architettura gotica del Duomo di Milano attraversa sia la maglia nera che la maglia bianca, così come scuro è lo stemma del club e il simbolo della Puma, declinato in “Pleasures”, un marchio streetwear facente capo alla casa fondata dal fratello di Adi Dassler. Il tutto nel nome del nuovo corso americano, nella sostanza e nella forma. Ma a ben guardare, verrebbe da chiedersi perché un tempo il Milan era rossonero e ora si presenti in questa metamorfosi simil-juventina con colori che non c'azzeccano per nulla con la storia del club.

ll club di via Aldo Rossi è abituato a queste mosse: nell'anno dello scudetto presentò una maglia rossonera sulla quale pareva fosse caduta una colata di vernice, nel 2023 una tenuta in fin dei conti rossonera ma con le strisce polverizzate in tanti pixel. Poi è stata la volta della maglia dedicata all'inclusività, argomento talmente sulla bocca di tutti da coglierne le opportunità di marketing (e che tristezza, verrebbe da dire).

maglia

C'era una volta la maglia gialla

Stavolta però a mio avviso il passo indietro è notevole: la versione fuxia e azzurra di cui sopra già aveva fatto storcere a molti il naso, questa però è ulteriormente svuotata addirittura dei propri colori a beneficio di due tinte non proprio gradite al popolo rossonero. Proprio in questi giorni ricorre l'anniversario della vittoria in Supercoppa Europea contro l'Arsenal (febbraio 1995, 2-0 a San Siro) in cui il Milan indossava una altrettanto inedita tenuta completamente gialla. All'epoca fece scalpore, a vederla oggi pare una delle più belle divise della storia del club.

In definitiva, ovvio che la questione maglia faccia discutere da sempre. Anche se in mezzo a tanta sciatteria, tanto marketing e tanta voglia di coinvolgere determinate fasce di tifosi, c'è anche stato spesso un ritorno alla tradizione, come lo stesso Milan edizione 2017-18 che celebrò gli anni Novanta con la prima divisa, o la maglia della stagione 2019-20 che richiamava le strisce sottilissime delle rudimentali divise del club ai suoi albori di inizio Novecento. 

In tutto ciò comunque, pioggia di commenti (negativi o positivi fa nulla) e di engagement: che è proprio dove i club vogliono arrivare con queste trovate. Io la trovo invece l'ennesima occasione persa: il Duomo, simbolo storico e per antonomasia di Milano, avrebbe potuto essere disegnato come nelle anticipazioni uscite su Footyheadlines (che di solito c'azzecca, stavolta invece no) ovvero con le sue guglie più alte in bella vista e con una spruzzata di rossonero, che fino a prova contraria mi risulta sia ancora il colore del club. Ma d'altronde oggi siamo al paradosso: sfornare divise con colori e linee completamente diversi, per poter farle somigliare a vestiti di moda più che a divise da calcio. No, grazie, occasione persa. Ci rivediamo al prossimo cervellotico pasticcio cromatico, allora…

 

Maldini: "Diedi una testata a un ex stella dell'Italia. Che vergogna, si doveva sposare..."
Clamoroso Juventus, addio Chiesa: colpa di Allegri?

💬 Commenti